Esprimo vicinanza al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che, dopo gli atteggiamenti ostili dell’Olanda nei confronti del nostro Paese, ha dichiarato di voler vederci chiaro ed iniziare una lotta senza quartiere contro i paradisi fiscali, ospitati in quegli Stati che esigono rigore e agitano la bandiera dell’intransigenza verso l’Italia. Si stima che in Olanda esistano circa 15mila società “bucalettere”, ovvero società esistenti lì solo con la presenza di una cassetta postale. Società fantasma in grado di spostare la cifra monstre di 4.500 miliardi di euro (due volte e mezzo il Pil italiano).

Raramente nella storia della repubblica italiana un ministro degli Esteri ha assunto una posizione così coraggiosa, così come raramente un Presidente del Consiglio ha dichiarato davanti ai suoi concittadini di assumersi le responsabilità per le decisioni derivanti dall’emergenza Coronavirus.

Ma ritorniamo all’Olanda. Come documentato molto bene nei giorni scorsi dal Sole 24Ore con Angelo Mincuzzi e Roberto Galullo (questo è il giornalismo che ci piace), i Paesi Bassi con il loro sistema fiscale riescono ogni anno a sottrarre circa 10 miliardi di dollari di imposte agli altri partner dell’UE. Un bell’esempio di collaborazione e solidarietà comunitaria da parte di chi non vuole condividere con gli altri ventisei Stati dell’Unione europea il fardello di una emergenza sanitaria, sociale ed economica senza precedenti. Le furbate olandesi arrecano all’Italia danni per oltre 1,5 miliardi di dollari per mancati introiti fiscali. Siamo però in buona compagnia. Danneggiati sono pure la Francia (2,5 miliardi di dollari di mancati introiti fiscali), la Germania (1,5 miliardi di dollari) e la Spagna (1 miliardo).

I falchi del rigorismo sono il premier olandese Mark Rutte ed il suo ministro delle finanze, Woepke Hoekstra. I due non provengono dalla società civile, da esperienze in cui i partiti offrono una formazione umana oltre che politica. Sono espressione delle multinazionali. Rutte proviene dal colosso Unilever (lo stesso che detiene il marchio Calvé), mentre il ministro Hoekstra è un uomo del colosso petrolifero Shell. Non è facile, dunque, immaginare il motivo di tanta intransigenza nordica che cela interessi ben più grandi. Interessi di uno Stato che ha manifestato una chiara visione dell’Europa: quella della finanza e dei tecnocrati. Una visione diametralmente opposta rispetto alla nostra, che il ministro degli Esteri Di Maio ha criticato e che non intende affatto sostenere.

Giova ricordare che in questo momento la parte malata di certa finanza non aspetta altro che approfittare della situazione. E come ha detto di recente il Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, le mafie più che come pericolo vengono viste in certi mondi, paradisi fiscali compresi, come delle alleate. “Investono soldi e i soldi non puzzano. Laddove ci sono soldi sporchi ci sono anche faccendieri e uomini poco puliti”.

Gianni Leggieri
Consigliere Regionale M5S Basilicata

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