In questi anni di consiliatura, una delle costanti della nostra attività è stata quella relativa all’affaire petrolio, argomento che tocca il tessuto vivo di questa regione. Ne abbiamo viste di tutti i colori (quelli più vicini al nero): lo scandalo trivellopoli (aprile 2016); lo sversamento di 400 tonnellate di petrolio dai serbatoi colabrodo del COVA (covato’ da svariati anni ed emerso nel 2017); le varie sparate propagandistiche dei vertici di ENI per celare lo sciagurato modo di agire del cane a sei zampe in Val D’Agri.

Descalzi sembra voler continuare a percorrere la via della propaganda. Le sue ultime dichiarazioni lo confermano: “Sulle trivelle ed in generale io penso che la crescita debba essere fatta minimizzando rischi ed emissioni. Bisogna avere regole, essere rigorosi e trasparenti, facendo partecipare istituzioni e comunità. È giusto che ci sia un dibattito, si aprano le porte come abbiamo fatto in Val D’Agri e a Ravenna. Poi le soluzioni si trovano”.

A che gioco sta giocando Descalzi? Di quale rigorosità e trasparenza parla l’AD? In questi ultimi anni questi due concetti sono stati sistematicamente messi in secondo piano proprio dal cane a sei zampe. A confermarlo non siamo noi, ma l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) che ha pesantemente censurato le attività di caratterizzazione di ENI a seguito dello sversamento accertato nel 2017.

La relazione di ISPRA è presente nella D.G.R. 47 del 22 gennaio 2019 (a partire da pag. 40) relativa alla presa d’atto del verbale della conferenza di servizi decisoria del 05/12/2018. L’ISPRA parla esplicitamente di analisi incomplete nelle campagne di monitoraggio condotte da ENI, delle quali abbiamo riportato i dati sul nostro sito durante questi mesi, evidenziando il fatto che l’elevata presenza di manganese e ferro nelle acque di falda è probabile sia dovuta a reazioni chimiche scaturite dalla decomposizione di  composti organici che arbitrariamente non sono tra gli inquinanti ricercati da ENI, la quale afferma apoditticamente si tratti di valori di “fondo naturale”; per l’ISPRA questa conclusione sarebbe tutta  da dimostrare e, anzi, probabilmente gli elevati valori di ferro e manganese sono una conseguenza dell’inquinamento da idrocarburi delle acque di falda. Inoltre l’ISPRA evidenzia l’inutilità di alcuni piezometri piazzati in maniera tale da non intercettare la falda, nonostante fosse noto che in alcuni punti, a quelle profondità, l’acqua non fosse presente.

Questi sono solo alcuni dei rilievi dell’ISPRA. Possiamo parlare quindi di rigore e trasparenza? Non crediamo proprio. Descalzi la smetta di fare propaganda becera e pensi seriamente a porre rimedio allo scempio provocato dai serbatoi colabrodo, attenendosi scrupolosamente alle richieste dell’ISPRA.

Gianni Perrino
M5S Basilicata – Consiglio Regionale

 

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