Era il 13 luglio quando dichiaravo che la riforma Madia che ha di fatto smembrato il corpo della guardia forestale, avrebbe prodotto effetti disastrosi sul territorio italiano, in special modo quello appeninico meridionale.

I segnali di una stagione disastrosa sotto l’aspetto della gestione dell’emergenza incendi erano chiari e precisi sin dall’inizio dell’estate, con diversi incendi in Basilicata, Calabria, Sicilia e Campania.

Lo smembramento, oltre che sbagliato, è stato attuato in modo selvaggio, senza alcuna previsione sulla gestione dei mezzi antincendio in dote alla forestale e senza stabilire in principio come si doveva impiegare il personale addestrato proprio a tali attività, di importanza vitale per tenere sotto controllo il fenomeno dei piromani o delle azioni incendiarie delle varie organizzazioni criminali presenti localmente su tutto il territorio del sud.

Oggi il Governo dovrebbe fare una stima dei danni, chiedere ancora una volta scusa agli italiani e dare le dimissioni immediatamente dopo.

La notizia del TAR Abruzzo che rimanda alla Corte Costituzionale il giudizio di legittimità su 5 punti della riforma Madia ha il solito sapore amaro dovuto al fatto che il popolo italiano ancora una volta paga le incompetenze di un Governo che si vede dichiarare incostituzionali, una dopo l’altra, le proprie riforme.

Secondo i giudici di Pescara vi sarebbero chiare violazioni di diversi articoli della Costituzione.

In primis l’articolo 2 in riferimento al mancato rispetto del principio di autodeterminazione determinato dall’assunzione non pienamente volontaria dello status di militare da parte del personale del Corpo Forestale. Sarebbe stato violato l’articolo 4, laddove il rapporto di impiego e di servizio appare radicalmente mutato con l’assunzione dello status di militare, pur in mancanza di una scelta pienamente libera e volontaria da parte del medesimo personale del Corpo Forestale.

A seguire, il TAR abruzzese ha stabilito che la riforma impugnata mancherebbe di razionalizzazione ed efficientamento della pubblica amministrazione e che non trova nel mero risparmio economico una giustificazione, ma viola di fatto la tutela dell’ambiente sancita dalla stessa Costituzione.

Insomma una critica durissima che in altri governi avrebbe determinato le dimissioni quanto meno del Ministro pasticcione (con questa siamo alla terza dichiarazione di incostituzionalità delle sue riforme).

Dalla decisione del TAR si legge che la “militarizzazione” di un corpo di polizia (o l’assorbimento del personale di un corpo di polizia civile in uno militare che è cosa analoga) si pone ancora una volta in contrasto ai principi generali della nostra Carta fondamentale.

In Basilicata abbiamo provato a salvare almeno la dignità della regione contro una prevedibile debacle della riforma in questione chiedendo, il 19 ottobre scorso, alla  Giunta Regionale, di ricorrere alla Corte  Costituzionale contro il famigerato Decreto Legislativo N. 177 del 19 Agosto 2016.

Nulla da fare.

Agli italiani non resterà che leccarsi ancora una volta le ferite, tanto chi pagherà i danni subiti dallo Stato italiano per una stagione che ci ha visto del tutto impreparati ad affrontare l’emergenza incendi di certo non i rappresentanti di questo governo.

Gianni Leggieri
Capogruppo M5S Basilicata

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