Si è tenuta ieri a Roma la riunione dei delegati dei 10 consigli che hanno deliberato, lo scorso settembre, i quesiti referendari abrogativi degli art. 35 Decreto Sviluppo e art.38 Sblocca Italia.  In attesa del pronunciamento da parte della Corte di Cassazione sulla legittimità della richiesta referendaria (orientativamente il 30 novembre), si è iniziato a discutere, anche assieme a rappresentanti di associazioni e comitati, sugli aspetti tecnici della campagna referendaria e  su quelli relativi alla comunicazione e all’informazione dei cittadini.

Essendo una situazione quasi inedita (i Consigli Regionali ci avevano già provato sulla riforma della geografia giudiziaria, ma i quesiti furono dichiarati inammissibili dalla Corte Costituzionale), si pongono alcune questioni dal punto di vista normativo relativamente al finanziamento e alla costituzione dei comitati referendari.

La linea che sembrerebbe prevalere sarebbe quella della costituzione e finanziamento di dieci differenti comitati promotori, uno per ogni Regione che ha deliberato. A nostro avviso, così facendo si creerebbe un pericoloso vuoto informativo nelle altre regioni, quelle che per ovvi motivi politici non hanno deliberato a favore dei referendum. Pertanto, per evitare questo tipo di intoppo, abbiamo proposto una soluzione pragmatica e allo stesso tempo efficace per contribuire al finanziamento del comitato promotore: si tratta di una colletta tra Consiglieri Regionali eventualmente aperta anche ai Parlamentari, che finanzierebbe un comitato promotore unico politicamente indipendente. In questo modo si darebbe più efficacia e uniformità all’azione del comitato promotore che andrebbe ad agire su tutto il territorio nazionale, ‘coprendo’ anche quelle regioni che non hanno deliberato a favore del referendum, superando la questione della impossibilità che una Regione, attraverso l’utilizzo di risorse pubbliche rivenienti dal proprio bilancio, finanzi attività in altri territori. Se la volontà è quella di fermare in ogni modo gli effetti disastrosi di queste leggi, non ci dovrebbero essere problemi per nessuno  a destinare una parte dei propri compensi alla causa referendaria. Noi siamo pronti da subito!

Tuttavia, soprattutto tra i delegati esponenti di partiti vicini al PD, rimane ancora la flebile speranza che le norme in ballo,  vengano modificate nella direzione proposta dai quesiti referendari durante i lavori sulla legge di stabilità nazionale.

I vari rappresentanti di organizzazioni ambientaliste (WWF, Legambiente, ISDE), oltre a porre  questini già emerse durante la discussione tra i vari rappresentanti delle Regioni, hanno fatto emergere altri aspetti come quello del cd. election day che raggrupperebbe i referendum abrogativi con le elezioni amministrative dell’anno prossimo, nonché con il referendum confermativo in materia di riforma (la chiamano così) della Costituzione.

Come vedete la situazione è complicata, ma non impossibile da affrontare. Apparentemente l’obiettivo è comune, ma dietro, soprattutto tra gli esponenti vicini al PD, si nascondono degli interessi differenti. Ci sono due anime che sottendono alla buona riuscita del referendum: quella che vuole riappropriarsi del potere istitutuzionale che Renzi sta pian piano scippando e quella che si spende per lanciare una visione totalmente differente delle politiche energetiche e ambientali di questo paese.

Il prossimo 2 dicembre si terrà un ulteriore incontro, durante il quale il quadro sarà più definito anche alla luce del fatto che sarà noto il parere di legittimità espresso dalla Corte di Cassazione. Nel frattempo noi continuamo a lavorare con un unico imperativo: perseguire il bene dei cittadini e preservare il futuro delle prossime generazioni. La Politica non può permettersi di basare il proprio operato, parafrasando un noto trio della scena musicale del belpaese, su prospettive il cui tempo di vita medio non vada oltre una campagna elettorale.

Gianni Perrino
Capogruppo M5S Basilicata – Consiglio Regionale

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