Il mio ultimo intervento sulla vicenda Sanità in Basilicata ha suscitato l’immediata presa di posizione del Consigliere Santarsiero e, a sua volta, le faziose reazioni degli strenui sostenitori delle indifendibili posizioni di Marcello Pittella e del suo sistema di potere satellitare, per usare l’espressione del Tribunale del Riesame di Potenza. Ma, al di là delle schermaglie elettoralistiche e della corsa ai distinguo, nient’altro. Tutto tace come se una coltre nebbiosa avesse avvinto le menti e le coscienze di chi è chiamato a coprire cariche pubbliche in Basilicata.

Il tema merita una riflessione più approfondita. La vicenda è semplicemente surreale. La Giunta regionale, con delibera n. 45/2018, commissaria l’ASP perché ravvede la straordinarietà della situazione nella necessità di attuare il piano di Riforma Sanitaria Regionale. Nomina pertanto il Commissario, affidando allo stesso tale delicato compito. Il 06.07.2018 accade quello che tutti sanno. In ragione dei gravi fatti oggetto di indagine il Commissario, pur attinto dalla custodia cautelare, rimane incredibilmente al suo posto da circa 80 giorni e lo resterebbe ad infinitum se il suo incarico non avesse una durata annuale.

Questa la vicenda nella sua oggettività che induce chi si occupa di politica ad alcune elementari riflessioni.

Il protagonista è tale Giovanni Berardino Chiarelli da Lauria. Un funzionario, cui è affidata la cura di una struttura complessa quale una Usl che richiede dedizione ed impegno continui, la prima cosa che fa quando si trova in una situazione del genere è dimettersi.

E lo fa (e lo deve fare) sia per rispetto della funzione assegnatagli sia per il rispetto dei cittadini che hanno il diritto di avere amministratori credibili nel pieno delle loro facoltà. E lo fa, infine, soprattutto per dignità personale ben conscio che quelle inequivoche intercettazioni (dove si parla, inter alia,di “zavorra”) lo rendono quanto di più inadatto, ora e per sempre, a ricoprire qualunque ruolo pubblico, anche di minima responsabilità.

Si comporta, quindi, con “disciplina e onore”, come recita l’art. 54 della Costituzione.

Ma se il funzionario in questione non si comporta da Servitore delle Istituzioni e resta avvinghiato, patologicamente, alla poltrona cosa fa la Pubblica Amministrazione? Trattandosi di incarico fiduciario, e preoccupata dell’interesse pubblico da perseguire, provvede immediatamente alla revoca di quell’incarico non per ritorsione, tantomeno per giustizialismo, ma semplicemente per funzionalità amministrativa.

Questa è la regola basilare di ogni pubblica amministrazione: il buon andamento, l’efficacia e l’imparzialità (art. 97 della Costituzione).

Accade, invece, che nella Regione Basilicata i principi costituzionali sui pubblici poteri non trovano applicazione come se vivessimo in una indecifrabile “porto franco”.

Ad una delibera dell’Asp dell’01.07.2018, adottata nell’imminenza dei fatti, di “presa d’atto” dell’impedimento temporaneo del Chiarelli, ne segue un’altra (la n. 760 del 02.08.2018)con cui la Giunta Regionale, a sua volta, prende atto della presa d’atto. Tale Delibera, oltre che assurda ed ingiustificabile dal punto di vista politico, è giuridicamente un obbrobrio. La Delibera, adottata da 3 consiglieri su 5 (Franconi, Braia e Castelgrande), risulta sottoscritta dai Direttori Generali competenti (Pafundi e Marsico). Ebbene tale Delibera integra, ad avviso di chi scrive,all’evidenza sia un’ipotesi di reato che di danno erariale. Questi signori, vista la qualifica rivestita, sono tenuti a conoscere i principi elementari del diritto amministrativo. Sono tenuti a sapere che il Commissario è una figura straordinaria, nominato per far fronte ad esigenze eccezionali che non si possono affrontare con le regole ordinarie.  Sono tenuti a sapere che il Commissario deve, senza soluzione di continuità, esercitare la funzione affidatagli, pena la compromissione dell’interesse pubblico.

E’ proprio per questa ragione che il Commissario viene scelto su basi fiduciarie, sulla scorta dell’intuituspersonae,ed è inconcepibile la sua sostituzione temporanea (se non per periodi limitatissimi). Non a caso con la delibera n. 45/2018 la Giunta Regionale, nell’individuare il Chiarelli, non ha previsto un suo vice o un sub commissario. Né possono trovare applicazione i commi 10, 11 e 12 L.R. n.39/2001 per la intuitiva considerazione che tali norme riguardano la figura del Direttore Generale non certo  quella del Commissario e che non si versa certo in ipotesi di “legittimo impedimento”. Il non revocare il predetto, e limitarsi ad una mera presa d’atto in attesa di una non preventivabile restitutio in libertatem, significa violare tali regole elementari cagionando un danno alla pubblica amministrazione e, contestualmente, un ingiusto vantaggio patrimoniale al Chiarelli.

Significa, insomma, porre in essere un abuso d’ufficio (art. 323 c.p.). Al Chiarelli, infatti, continua ad essere corrisposto il trattamento economico di Direttore Generale (anche se diminuito in parte per la misura cautelare) mentre il suo stipendio di riferimento è quello, ben più basso, della qualifica di appartenenza. Contestualmente non godendo la P.A. della controprestazione lavorativa è evidente il danno erariale. Considerata la pervicace inerzia della Giunta Regionale e dei competenti Direttori Generali il presente comunicato sarà trasmesso ai competenti organi requirenti, sia penali che contabili, per le loro doverose valutazioni. Questo è il mio dovere di cittadino e di Consigliere Regionale ed è cosa che faccio con amarezza perché è l’ennesima sconfitta della politica che abbisogna, ancora una volta, nella nostra regione dell’intervento tutorio degli organi giurisdizionali.

Pure senza risposta sono rimasti gli altri interrogativi posti nel mio precedente comunicato. Torno a chiedere:

a)      sono stati attivati i procedimenti disciplinari nei confronti di tutti i soggetti coinvolti nella vicenda o si è irrimediabilmente decaduti                  dall’azione disciplinare?

b)      sono stati iniziati i procedimenti di annullamento dei concorsi alterati?

Queste domande meritano una risposta in quanto l’avere lasciato colpevolmente consumare il procedimento disciplinare, pur difronte a fatti di tale gravità, sarebbe grave indice di rilievo penale.

Queste sono le domande che si pongono i cittadini lucani che attendono risposte concrete ed hanno il diritto di sapere che, anche in Basilicata, alle pubbliche funzioni si accede “in condizioni di eguaglianza” (art.51 Cost.) e che il “pubblico concorso” di cui parla l’art.98 Cost. sia gestito in maniera obiettiva e non fraudolenta.Nessuno ha più interesse a conoscere le inutili, tardive e sterili prese di posizione di Vito Santarsiero che, in ben altro modo, dovrebbe tutelare il prestigio e l’onorabilità della massima istituzione regionale (ossia il Consiglio) da lui presieduta ovvero quale sia il pensiero di Mario Polese ora che è privo del suo “suggeritore” istituzionale.

Come sempre da parte mia, ed in linea con i valori del Movimento, continuerò a monitorare questa assurda vicenda, che ci sta esponendo tutti alla incredulità dell’intero Paese, fino a quando non saranno ristabiliti nella nostra Regione i principi della stato di diritto consacrati nella nostra Carta Fondamentale.

Gianni Leggieri
Portavoce M5S Basilicata

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