I primi giorni di novembre non sono stati molto sereni per la popolazione del Comune di Irsina: nel giorno di ‘ognissanti’ i cittadini si sono svegliati bruscamente con un’ordinanza del Sindaco che disponeva in modo urgente e contingibile il divieto di uso potabile delle acque. Il tutto si rendeva necessario dopo che l’ASM, a seguito di campionamenti effettuati in collaborazione con ARPAB, aveva informato il Sindaco del superamento dei limiti previsti dal D.Lgs. 31/2001 relativamente al parametro “trialometani totali”.

Oltre alla comprensibile preoccupazione da parte della popolazione si è generata confusione a causa delle prese di posizione del gestore del servizio idrico, Acquedotto Lucano, che nei giorni seguenti all’ordinanza affermava che non vi era stato alcun superamento dei valori.

Tuttavia i particolari più agghiaccianti emergono se si va ad approfondire il carteggio che è intercorso tra ASM, ARPAB e Comune di Irsina nei giorni a cavallo tra il 30 ottobre 2017 e il 1 novembre 2017, giorno dell’emanazione dell’ordinanza.

L’ASM, in una comunicazione del 30 ottobre, stigmatizzava l’estremo ritardo con cui erano giunte le analisi del 2 ottobre da parte di ARPAB, analisi che certificavano il superamento del valore “trialometani totali” con ben 48 microgrammi/litro. Quali i motivi di questo gravissimo ritardo da parte di ARPAB?

Le analisi di ARPAB che si sono susseguite nei giorni in cui l’ordinanza di divieto era in vigore dimostravano due ulteriori superamenti il giorno 2 novembre, su due differenti punti di campionamento effettuati all’ingresso e all’uscita del serbatoio in C.da “I Piani” di Irsina.  Solo il 4 novembre i valori sono rientrati nella norma.

Dal canto suo, Acquedotto Lucano, ha prodotto referti analitici (cinque analisi dal 2 ottobre al 31 ottobre) che evidenziavano una situazione perfettamente nella norma. Per avvalorare la sua posizione, il giorno 2 novembre 2017,  Acquedotto Lucano faceva anche analizzare un suo campione  presso il laboratorio accreditato “SCA” di Marconia, analisi che certificavano nuovamente valori nella  norma.

Una situazione paradossale questa, che ci dimostra quanto siano poco sintonizzate tra loro le componenti della filiera dei controlli che dovrebbero garantire la salvaguardia e la tutela di un bene fondamentale quale è l’acqua. A pagarne le spese sono sempre i cittadini che, nel caso di Irsina, si trovano a nutrire enormi dubbi sulla qualità dell’acqua che hanno utilizzato per tutto il mese di ottobre. Gli effetti dei trialometani sulla salute dell’uomo possono essere molteplici ed è lo stesso Ministero della Salute ad evidenziarne la pericolosità.

Urge una profonda riflessione sulla catena dei controlli e soprattutto sulla gestione dell’acqua che ogni giorno arriva nelle nostre case. Il problema riguarda tutta la Regione e forse qualcosa andrebbe rivisto anche alla luce dei bruschi cambiamenti climatici che attanagliano i nostri territori. È bene ricordare che non siamo ancora usciti da uno dei periodi più siccitosi degli ultimi decenni e che le nostre dighe sono ai minimi storici.

La regione deve fare massima chiarezza su quanto accaduto ad Irsina e rimboccarsi le maniche per evitare in futuro situazioni di questo genere. C’è già un precedente analogo datato 2014:  il riscontro di batteri fecali nelle acque dei Comuni di Ferrandina, Pomarico e Miglionico. L’allora Assessore Berlinguer, in risposta ad una nostra interrogazione, minimizzò tutto collegando la contaminazione ad una possibile fonte animale.
La credibilità delle istituzioni lucane è già profondamente minata, pertanto ci aspettiamo risposte e provvedimenti concreti per chiarire questa vicenda paradossale e allo stesso tempo emblematica di quello che è lo stato degli organi preposti alla tutela della salute e dell’ambiente nella nostra regione.

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Gianni Perrino
Portavoce M5S Basilicata – Consiglio Regionale

 

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